Il Transessualismo non è più una malattia
29.06.2018 da SexyBlog in Annunci69.it
Ogni tanto una buona notizia: la transessualità non è più classificata dall'OMS come malattia mentale ed è stata formalmente rimossa dal DSM IV, il manuale di riferimento diagnostico per le patologie psichiatriche. "L'incongruenza di genere è stata rimossa dalla categoria dei disordini mentali dell'International Classification of Diseases, per essere inserita in un nuovo capitolo delle "condizioni di salute sessuale", spiega l'Organizzazione Mondiale della Sanità, sottolineando che "è ormai chiaro che non si tratti di una malattia mentale e classificarla come tale può causare una enorme stigmatizzazione per le persone transgender".
Finalmente le istanze delle organizzazioni che si battono per i diritti delle persone transessuali e degli attivisti dei movimenti LGBTQI (Lesbo, Gay, Bisex, Trans, Queer, Intersexual), sono state accolte; e, nel giugno 2018, a un anno di distanza dalla Danimarca (che è stato il primo stato a proporre un'iniziativa concreta in tal senso) la disforia di genere - ovvero la forte e persistente identificazione nel sesso opposto a quello biologico - è stata depatologizzata.
Il transgendersimo dunque non è più una malattia mentale, pur restando, per l'OMS, un "importante disturbo legato all'dentità di genere" che può causare disagio sociale e sofferenze psicologiche. Un'affermazione coraggiosa che, senza svilire l'argomento e senza sminuire le problematicità legate al percorso di transizione sessuale, scardina un'idea vecchia, figlia del pregiudizio che da sempre accompagna la manifestazione della diversità.
“Una cosa è parlare di disforia di genere facendo riferimento a una voce del manuale diagnostico, e una cosa è parlare di un’esperienza umana significativa, come noi Trans l’abbiamo sempre definita. A livello simbolico, politico e scientifico la differenza c’è“ - spiega Porpora Marcasciano, presidente del MIT - Movimento Identità Trans, e autrice di saggi e testi critici sul transgenderismo.
Vero è che le persone trans hanno bisogno di un’assistenza medica precisa e competente: psicologi, endocrinologi e chirurghi sono figure fondamentali nel percorso di transizione. “Ci sono le cure ormonali, l’aiuto psicologico e quello chirurgico“, continua Porpora in una delle recenti interviste sulla stampa nazionale. “Ma una cosa è la medicalizzazione, un’altra è la patologizzazione: sono piani diversi. Quello medico è un percorso che si rivela tanto più tortuoso e difficile quanto più è elevato il livello di pregiudizio della società in cui si compie. Non è altro che un aiuto e un accompagnamento nell’esperienza della transessualità che, per fortuna, oggi avviene secondo protocolli precisi e con professionisti preparati. Una volta, prima dell’approvazione della legge 164, le persone facevano da sé. Non potete neanche immaginare a cosa andavano incontro e che danni procuravano a se stesse“.
Fu proprio grazie alla strenua mobilitazione del MIT, se nel 1982 si arrivò all'integrazione del disegno di legge 164 con l'art. 3, che riconosce alle persone transessuali la loro condizione e ne accoglie il sesso di transizione, ovvero quel processo che consente all'individuo di smettere di vivere il ruolo di genere relativo al sesso biologico di appartenenza per arrivare a riconoscersi pienamente nell'identità di genere di elezione, che può essere maschile (FtoM) o femminile (MtoF); e avviare di conseguenza l'iter sanitario per il cambio di sesso, e l'iter burocratico-legislativo per ottenere il cambio anagrafico e i nuovi documenti di identità.
Parafrasando le parole del primo uomo sbarcato sulla luna, si tratta certamente di "un piccolo passo per l'uomo, ma un grande passo per l'umanità". Ridimensionare le pretese di giudizio sulla facoltà di decidere liberamente del proprio corpo e della propria sessualità, è una questione di civiltà e cultura. E non possiamo che augurarci che questo sia solo l'inizio di una piacevole trasformazione.