La delusione del BDSM

RED PADLOCK ROOM BDSM TORINO·DOMENICA 15 LUGLIO 2018

 

Quando iniziai ad interessarmi del BDSM non avevo idea di come si sviluppasse, di quali dinamiche fossero coinvolte, sia emotive sia pratiche. Mi ci infilai per curiosità, per sfida, o solo per trovare nuovi stimoli che potessero soddisfare la mia incolmabile voglia di scoperta. Più di trent’anni fa, il BDSM non era un tema di discussione, non c’erano i Munch, e nemmeno Facebook, tutte le informazioni erano date dall’esperienza, quella propria o di chi era già introdotto nell’ambiente. Occorreva una forte carica motivazionale, uno spiccato senso di adattamento e la voglia di capire e imparare un complesso sistema di esternazione delle emozioni, delle fantasie e dei sentimenti, ma soprattutto un’onesta valutazione di sé.

 

Conoscere un argomento significava averlo sondato personalmente, essersi confrontato su problemi o complicazioni, accettando anche le critiche costruttive o gli ammonimenti delle persone con più esperienza e capacità. I libri non aiutavano, anzi, spesso portavano su strade impervie che implicitamente scoraggiavano l’apprendimento di certe “pratiche”, considerate allora una devianza fuori dagli schemi ordinari. La filmografia disegnava un concetto di sessualità fondato su retaggi del passato e cliché importati dall’estero ancora incentrati sul tabù e sulla reticenza, favorendo le omissioni e la vergogna per il corpo e il sesso.

La liberalizzazione del pensiero e di opinione ha fatto emergere molti modelli contrastanti, ha posto dubbi e riflessioni sul piacere, sulla volontà di perseguire i propri istinti, e soprattutto ha svincolato il concetto morale di piacere sessuale. Sono nati sistemi di discussione e di apprendimento, con corsi specifici per capire cosa fosse davvero il piacere, seminari fondati sulla sensorialità, mescolati spesso a tecniche orientali di cui, ancora oggi, non si capisce l’attinenza.

Oggi abbiamo a disposizione ogni sorta di informazione, video, manuali, racconti, libri, forum, siti specifici, incontri, seminari, eppure, a parte la quantità di persone, sembra che la “sostanza” non abbia possibilità di emergere, ora come allora.

 

A chi interessa il BDSM? In tutti questi anni di pratica e, successivamente in quelli di divulgazione, ho avuto modo di incontrare centinaia di persone, tutte interessate. Pochissime oggi praticano ancora. Molti sostengono che quando si scopre il BDSM difficilmente se ne riesce a fare a meno (come se fosse un punto di non ritorno): a questa affermazione spesso rispondo che anch’io, da quando ho assaggiato il tiramisù non ne posso più fare a meno, ma questo non ha precluso il mio amore verso i dolci, né quella nei confronti del cibo in generale. Ho sempre sostenuto che chi giunge ad interessarsi all’esplorazione sensoriale ha un buon motivo per farlo, sono rari i casi in cui capita per pura coincidenza. Quali sono i motivi che oggi spingono molte persone ad avvicinarsi al BDSM? Ricerca di piacere che non è possibile ottenere nella condizione attuale, affermazione di se stessi attraverso un’immagine precostruita, appagamento del proprio ego, inclusione in un sistema chiuso (far parte di un gruppo), emulazione di chi si stima, attrazione verso ciò che non si conosce ma si intravede soltanto da video e fotografie, fuga dalla monotonia, solitudine. Molto raramente (mi ricordo solo due occasioni) qualcuno ha specificato: “provo qualcosa, non so cos’è, non so nemmeno chi sono io (visto che provo queste cose), voglio capire come e perché”, considerando se stessi o il proprio rapporto di coppia come base di partenza in cui implementare qualcosa di nuovo e diverso.

Per quanto alcuni sostengano che chi pratica BDSM sia distante da tutte le altre forme di raggiungimento del piacere, io penso che le componenti di base siano le medesime. Per costruire un rapporto “vanilla” occorre la fiducia tra i partner, occorre comunicazione, occorre onestà oltre al reciproco piacere nel condividere del tempo e dello spazio insieme. Nel BDSM sono necessarie le stesse cose, di base, che si tratti di una coppia già formata o un/una single in cerca di un partner. Eppure sembra, oggi, che queste premesse siano in qualche modo eluse e che la fatica della creazione di un rapporto finisca con il demoralizzare chi in realtà cerca una facile applicazione senza sforzi, una scorciatoia per il piacere, un modo per trovare la soddisfazione “saltando” la costruzione.

 

È questa considerazione che, alla fine, passa come un setaccio tra tutti quelli che ne fanno una dinamica personale e quelli che si buttano (letteralmente) nel calderone e si sbracciano pensando di nuotare, che cercano scappatoie alle loro repressioni, o che si nascondono da loro stessi creando vite parallele. Ho sempre sostenuto che il BDSM non è un sistema relazionale ma un’estensione a un sistema già esistente e collaudato. Così capita che molti siano affascinati dalle letture, dalle pagine Facebook, dai video, e, attratti dalla corrispondenza delle fantasie, immaginino se stessi come protagonisti, senza considerare tutti i passaggi relazionali che sono necessari per arrivare a quella condizione. Tutti vogliono il risultato, l’obiettivo, il riscontro, senza tenere in considerazione il percorso per poterlo ottenere. Avrei voluto essere un attore famoso: mi affascinava l’idea della fama e della notorietà, la quantità di denaro e la facilità di vita, attratto dalla compagnia di affascinanti figure e dallo strepitoso mondo del jet set internazionale, il lusso e le “scorciatoie” appositamente create. Poi ho scoperto che sarebbe stato necessario un carico di studio decennale nella scuola di recitazione, che ciò significava non avere una casa, essere impossibilitato a creare una famiglia stabile, accettare la lontananza dai propri cari, con una continua ricerca e dedizione nel lavoro senza pause definite e con una carente se non inesistente privacy personale. Non ho nemmeno incominciato. Ero attratto solo dal risultato, non dal percorso. Ecco, questa è la differenza tra chi pratica BDSM e chi ci si infila scimmiottando gli altri, replicando frasi fatte come mantra assoluti, inconsapevole di ciò che succede, giustificando la propria “parziale” visione con la frase: “questo è il mio modo di vedere la cosa”.

L’interpretazione personale è un grande stimolo per l’innovazione, così BB King giustificava il processo del Blues verso il Rock e il Pop, ma aggiungeva anche che per poter migliorare qualcosa, quel “qualcosa” lo devi conoscere molto bene. Così arrivano le delusioni, quando l’immagine creata appositamente non può sostenersi in un campo sconosciuto, quando i tasselli mancanti non possono più essere colmati dai “consigli” del gruppo su Facebook, quando il partner si cerca occasionalmente nel week end in cui la moglie (o il marito) è al mare con i figli.

 

Ho letto in un post: “Sono delusa, appendo il collare al chiodo”, come se fosse la fine di una carriera, come se la fatica fatta per sostenere un personaggio non credibile fosse uno sfinimento tale da determinarne la resa, e mi domando quale fosse stata quella folgorante “carriera” tanto distruttiva quanto stressante. Il BDSM è una scoperta, non un lavoro; è un impiego di energie per conquistare piacere e non per appagare una povera esistenza: non c’è una meta assoluta da raggiungere ma un percorso che, volendo, non ha mai fine.

Non mi stancherò mai di ripetere che non si può ottenere nulla senza gli adeguati sforzi, senza l’impegno e la costruzione, senza una buona base di informazione (rara anche questa, considerando tutti i finti guru in circolazione nella rete), senza applicazione e una costante pratica, senza un confronto con chi ha l’esperienza per poter indirizzare sulla giusta via chi ancora non ha nemmeno intravisto il sentiero. Senza tutto questo, la delusione è inevitabile.

Non è certo un sentimento provato solo da chi si avvicina al BDSM, ma anche di tutti quelli che provano a sostenere e divulgare le dinamiche, i concetti, i valori, le sfumature, le tecniche, atterriti dalla marea inesauribile di “semplificatori” che ritengono il complesso intreccio di emozioni un puro “gusto sessuale”, ottenendo così un’inevitabile scontro con la realtà (se avviene) che genera frustrazione e sconforto nell’incomprensione delle dinamiche. Nascono i nomignoli per ironizzare i ruoli o gli atteggiamenti, si legge di “masteritudine”, “dommanza”, “brattitudine” (se mi è permesso, mi faccio una risata) e si sconfina nella più adolescenziale delle tendenze odierne. Chissà se tutte quelle mogli, inconsapevoli, sarebbero disposte ad accettare il termine “moglianza” come declinazione del loro (sacro e benedetto) matrimonio.

La ricerca del partner nel BDSM ripropone - forse con più cura e attenzione - le stesse caratteristiche che si dovrebbero attuare per trovare la propria anima gemella, acuendo i sensi con la conoscenza, il confronto, la frequentazione, ma pare troppo complicato (esattamente come lo è nel mondo vanilla) ed è più facile imbucare anonimamente, su Facebook o nei siti, un annuncio tipo: “AAA cercasi Mistress”, come se si volesse acquistare un auto o una casa, un paio di pantaloni, o un mobile usato.

 

Quando la delusione avrà fatto il suo corso, ci si accorgerà (per quelli che saranno ancora interessati) di quanto sia il margine che separa l’intenzione (e la fantasia) dal risultato e di come, per colmarlo, sia indispensabile conoscenza e una buona dose di impegno.

 

Jean Bottega