La sempre più ampia discussione sulla mascolinità tossica è in questi giorni stata ulteriormente allertata dalle notizie sulle violenze subite da parte della moglie da un uomo molto noto e desiderato:
Amber Heard e Johnny Depp, quando la vittima di violenza è l'uomo
Giulia Zennaro - 17-02-20
A ridosso della festa degli innamorati, la notizia degli audio che incastrano Amber Heard, ex-moglie di Johnny Depp, per violenza domestica e calunnia, fa ancora più male. Il caso delle due celebrità ha fatto luce su un argomento trattato poco nel dibattito sulla parità di genere: il tema della violenza sugli uomini da parte delle donne. Un argomento sottaciuto e negato spesso dalle stesse vittime, prigioniere del cliché della mascolinità tossica che prevede che sia l’uomo a essere violento. Risolvere il problema della violenza sugli uomini aiuterebbe a salvare anche tante donne: ma la questione è culturale, e il processo si preannuncia lungo e difficile.
Amber Heard vs. Johnny Depp
Nelle parole di Amber Heard, contenute negli audio diffusi dalla stampa, leggiamo tutto il pregiudizio sulla figura maschile figlio dei nostri tempi: «Dì alla gente che è stata una lotta pari. Dì al mondo io, Johnny Depp, un uomo, anche io sono vittima di violenza domestica. Vediamo quanti ti crederanno». L’attrice, che i fan di Depp hanno chiesto venga licenziata dai prossimi film in programma, rincara la dose insultando l’ex-marito per il suo peso.
L'annuncio del divorzio tra Johnny Depp ed Amber Heard
Tara Roberts, dipendente di Depp, ha dichiarato che, nonostante i numerosi attacchi subiti dalla star (durante una lite Depp avrebbe rischiato di perdere un dito), non ci sia mai stata violenza nei confronti della donna. Gli audio che incastrano Amber Heard rivelano anche una vera macchinazione per portare un’eventuale giuria a credere a lei piuttosto che al marito: la donna si dichiara pronta a corrompere testimoni per fargli giurare il falso, rinfacciando all’ex marito che nessuna giuria avrebbe creduto a un uomo vittima di violenza domestica.
La violenza è psicologica
L’ordine degli psicologi dell’Emilia Romagna osserva come, se la violenza domestica sulle donne è prevalentemente fisica, quella delle donne sui compagni è più psicologica: abusi verbali, denigrazione delle capacità lavorative, sessuali e personali del partner, minacce di togliergli i figli. La solitudine dei padri separati è immensa e totale: i pochi studi a loro dedicati rendono difficile stabilire quanti vivano in condizioni di indigenza e sofferenza psicologica. La presidente dell’associazione Padri Separati, Tiziana Franchi, parla di almeno 200 suicidi nello scorso anno tra uomini che si sono visti portare via i figli, magari con false accuse, che hanno perso la casa e il lavoro e che vivono in condizioni di povertà e abbandono istituzionale.
Sono molti i padri separati che non ottengono l'affidamento dei figli
Perché se per le donne sono attivi sul territorio numerosi centri antiviolenza (nonostante l’ottusa esultanza di alcune forze politiche nel constatarne la chiusura), gli uomini possono contare al massimo su strutture di supporto come Caritas. L’Italia è ancora drammaticamente indietro sul tema della violenza di genere: le donne continuano a essere uccise, gli uomini soffrono in silenzio. E il problema è innanzitutto culturale.
Il problema della mascolinità tossica
La ragione del fallimento delle politiche per l’uguaglianza di genere e contro la violenza sulle donne (nonché l’inesistenza di un aiuto concreto ai padri separati) è il culto della mascolinità tossica e la conseguente visione della femminilità come passiva e succube dell’uomo. Il maschio deve essere virile, anaffettivo, prestante; la donna civettuola, sottomessa, “un passo indietro”. Questa visione binaria ormai incompatibile con la modernità miete ancora molte vittime: non solo donne assassinate, ma anche uomini suicidi, per il peso delle ingiuste e crudeli aspettative della società.
Le vittime di omicidio nel mondo nel 2017 (fonte: UGSOH 2018 su Internazionale)
Cambiare la situazione è possibile, ma richiede uno svecchiamento culturale e di mentalità radicale. I presupposti ci sono, e arrivano dalle nuove generazioni, non “contaminate” dallo stereotipo Barbie-vittima e Ken-orco: superamento delle barriere culturali tra maschile e femminile, valorizzando le innegabili differenze biologiche. L’uomo dovrebbe imparare a non vergognarsi delle proprie emozioni, la donna a pretendere aiuto: lo Stato ha un conto in sospeso con le vittime di violenza che solo l’alleanza fra i sessi può aiutare a sanare.